Eravamo più seri, non
c’è dubbio. Lo scoutismo cattolico di qualche decennio fa, geloso delle sue
specificità, non avrebbe consentito a nessuno di farsi usare quale passerella
di questo o quell’altro, comunque persone in cerca di notorietà e di
sovra-esposizione nei telegiornali serali. E poi l’intervista concessa alla
rivista scout, gli abbracci, i baci, la finta (e falsa) ritrosia a parlare di politica,
gli applausi a scena aperta. Nel senso che, appena aperta la bocca
dell’oratore, giù ovazioni ad ogni flatus vocis. Calzoni corti, divisa
d’ordinanza, la promessa, e poi il giuramento scout, ci conducevano sulla
strada della sobrietà: cucina da campo alimentata a legna, che portavamo da
casa, una tenda, un sacco a pelo e un buco in terra, in mezzo agli alberi, per
i bisogni corporali. Mai ci saremmo sognati di ricorrere, per i nostri raduni,
a strutture prefabbricate, tende da circo e tutto quanto esula da quella che
per noi era una scelta di vita. Ma i soldi da dove li prendono? Lo scoutismo,
ahinoi, insegue il mondo, lo adula e si lascia adulare. Un po’ di vergogna, per
favore.
Giacinto Zappacosta
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