venerdì 12 settembre 2014

LA IATTANZA PADANA CADE SU UN APOSTROFO

Sono quelli sempre pronti a tifare per l’Etna e per il Vesuvio, con l’aggiunta del Marsili. L’auspicio, in stretto rito pagano-gallico, è che lapilli e gas venefici distruggano tutto ciò che si trovi a sud. A sud di che? Non importa, purché sia a sud. D’altra parte, la geografia non è il loro forte: basti ricordare un tale Speroni che, unico essere umano al mondo, vedeva, ben marcata, una linea di confine tra Calabria e Campania, due regioni, come noto, separate da un lembo di terra appartenente alla Basilicata. Sono quelli sempre pronti a ricordarci che l’ignoranza alberga immancabilmente a sud, dove sono di casa i sette peccati capitali. Però, a proposito di ignoranza, qualcosa non quadra, anzi stride, sconquassa, annientandola nel ridicolo, la dottrina padana, fino a ieri così solida, granitica. L’apostrofo, ce lo hanno insegnato a scuola (elementare), ha la sua importanza. Eccoti allora che un sacerdote del dio Po, in cerca di sovra-esposizione mediatica,  si fa immortalare, nell’aula del Senato, in una posa imbarazzante, che meriterebbe un bel “tre” in pagella, un quarto d’ora dietro la lavagna e la richiesta, da parte dell’insegnante, di un colloquio coi genitori del somaro. A pro dei padani, va specificato che l’espressione “qual è” non tollera l’apostrofo in quanto trattasi di troncamento, non già di elisione. Buono studio.



Giacinto Zappacosta 

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